In un’epoca in cui la bellezza sembra essere un valore su cui costruire la propria personalità e addirittura la propria professionalità, è naturale che uomini e donne siano alla continua ricerca di soluzioni e innovazioni per fermare il tempo che, inesorabilmente, trascorre. È però fondamentale che tale ricerca della bellezza eviti gli eccessi e sia sempre guidata da un senso di equilibrio e di armonia delle forme, senza mai trascurare la naturalezza e l’eleganza dei lineamenti.

Chi della ricerca della bellezza ne ha fatto una professione è senza dubbio il Dott. Fabio Toffanetti, chirurgo plastico, ricostruttivo ed estetico che dopo gli studi di medicina e chirurgia ha scelto di seguire altri cinque anni di specializzazione.

D. Perché ha scelto questa strada della chirurgia plastica? 

Dopo la laurea in medicina e due anni di specialità in chirurgia maxillo-facciale, mi sono lasciato affascinare dalla chirurgia plastica. La chirurgia maxillo-facciale era molto settorializzata come chirurgia ricostruttiva del volto. La trovavo troppo specifica e monodirezionale.

Allora ho scelto una materia più varia e con distretti diversi, più ampi, una chirurgia che tocca il volto, ma che si occupa anche dell’intero corpo sia da un punto di vista estetico sia ricostruttivo. Il bagaglio di conoscenze acquisite durante gli studi sulla chirurgia facciale mi è stato sicuramente utile e complementare alla mia attività.

D. Che cosa la affascina più di tutto nella sua professione? 

Fin dall’inizio mi hanno guidato l’idea e il desiderio di poter restituire alle persone che soffrono di determinate alterazioni morfologiche uno stato di salute sia fisico sia psicologico, uno stato compatibile con una qualità della vita accettabile e migliorativo. Un altro aspetto che mi affascina tantissimo è la variabilità della specializzazione. Spesso le altre specializzazioni si rivelano ripetitive e settoriali. La chirurgia plastica, invece, ha una variabilità chirurgica molto ampia. Questo permette di non cadere mai nella routine. Addirittura rifacendo lo stesso intervento è necessario pensare a variabili per ogni diversa persona. Uno stesso intervento non è mai tecnicamente codificato e ogni volta è necessario ricorrere all’esperienza e a un bagaglio tecnico importante. Ma è fondamentale metterci qualcosa di più, qualcosa di personale. La chirurgia plastica richiede un qualcosa in più.

D. Sentendola parlare della sua professione mi viene in mente Michelangelo, l’artista rinascimentale per eccellenza, che sceglieva personalmente i blocchi di marmo proprio perché in ogni blocco era capace di vedere l’opera d’arte che già si nascondeva dentro e che lui avrebbe portato alla luce. È così anche per lei? 

Diciamo che ogni persona va vista nella sua interezza e nelle sue specifiche peculiarità. Ma preferisco sempre ricordare ai miei pazienti che attraverso la chirurgia plastica non si sta modellando una statua di marmo, bensì una persona in carne e ossa. Il chirurgo ha l’obbligo di valutare i tessuti e deve sempre sapere come questi possano reagire.

Un chirurgo può fare un intervento tecnicamente perfetto, ma deve essere in grado di stabilire e prevedere il cedimento di un tessuto e il suo assestamento nel tempo. Nell’immediato di un’operazione è quasi impossibile vedere il risultato definitivo: appena eseguito, un intervento non mostrerà il risultato finale e avrà bisogno di un periodo di assestamento. Naturalmente l’esperienza è fondamentale e aiuta a capire le reazioni che ogni paziente potrà avere in base a svariati fattori: l’età, l’elasticità dei tessuti, lo stile di vita. Ma l’esito finale non è mai prevedibile al 100%. Se si sottovaluta la biologia dei tessuti si rischia di andare incontro a degli insuccessi.

D. La chirurgia plastica sembra lontanissima dalla sfera psicologica, ma non è così. Cosa pensa di questo? 

Credo sia fondamentale capire il paziente ed è proprio per questo che ritengo importante un colloquio approfondito prima di qualsiasi intervento. Bisogna sempre capire quali siano i desideri del paziente e soprattutto se questi combacino con delle esigenze reali ed effettivamente realizzabili da un punto di vista strettamente tecnico.

È importante che il chirurgo plastico sottoponga i propri pazienti a dei trattamenti o a degli interventi solamente se questi sono in grado di dare dei vantaggi effettivi come benessere psico-fisico dell’individuo nella sua interezza.

D. Non credo sia semplice farlo capire a un paziente… 

È difficilissimo. E spesso si rischia di perdere il paziente. Però è fondamentale che una persona capisca che il chirurgo è un professionista fatto per ascoltare le esigenze del paziente, ma anche per guidarlo nelle scelte più corrette.

La chirurgia plastica non è una gomma in grado di cancellare cicatrici, incidenti ecc.

Semplicemente utilizza tecniche molto raffinate, che negli anni si sono evolute, per cercare di ripristinare un’alterazione morfologica (negli esiti di un trauma o di tumori)  o di dare un miglioramento quando si tratta di inestetismi. Però è importante ricordare che non tutto è realizzabile: ci sono dei limiti e il paziente talvolta non è pronto a capirlo. L’obiettivo di ogni trattamento o operazione è donare al paziente un aspetto più fresco, ma nessuno dovrebbe accorgersi che è stato effettuato un intervento.

Il vero obiettivo è un aspetto del tutto naturale.

D. Le è mai capitato di dover sistemare qualche guaio causato da colleghi poco professionali? 

Sì, mi è capitato e più di una volta.

Cercare di riportare alla normalità una situazione complessa è un’operazione sempre difficile. Premetto che le complicanze post intervento possono accadere a chiunque.

Inoltre, se anche un chirurgo esegue un lavoro perfetto, può succedere che un paziente non sia soddisfatto del risultato. E questo lo dico sempre a tutti i pazienti che magari arrivano in studio arrabbiati per l’esito di un lavoro fatto da altri. È vero che talvolta ci sono colleghi che agiscono in maniera sconsiderata, ma può succedere anche ai migliori professionisti di incontrare delle complicazioni. Capita a tutti e spesso, ripeto, l’esito è legato alla biologia dei tessuti.

È certo che sistemare un problema causato da altri, sia esso per sfortuna o imperizia, è sempre una operazione difficoltosa perché si vanno a toccare cicatrici, tessuti già operati e talvolta compromessi.

D. Crede sia importante il livello di preparazione culturale di un paziente?

Credo più che altro sia fondamentale che il chirurgo capisca lo stato d’animo e la motivazione del paziente.

Per deontologia e correttezza umana e professionale è però meglio non eseguire interventi che non siano indicati, nonostante le richieste avanzate dai pazienti.

D. Quindi è fondamentale conoscere il paziente… 

Sì, è fondamentale ed è fondamentale capire se il suo stato psicologico è equilibrato. Diventano fondamentali i colloqui conoscitivi pre-intervento.

Io ho l’abitudine di incontrare il paziente più volte: lo informo su tutto, gli mando l’informativa, spiego eventuali complicanze ed espongo anche eventuali situazioni negative. Voglio che il paziente sia conscio di tutti i benefici che possono venire dall’operazione, ma anche di tutti gli aspetti negativi.

D. C’è molta differenza tra chirurgia estetica e medicina estetica? 

È utile fare chiarezza. Io pratico sia la chirurgia estetica sia la medicina estetica e ci tengo a sottolineare che sono due cose diverse.

La medicina estetica utilizza delle tecniche mini-invasive ambulatoriali che permettono un miglioramento dell’aspetto estetico con un recupero praticamente immediato.

La chirurgia estetica, invece, è chiaramente una disciplina che va eseguita in sala operatoria e arriva dove la medicina non è in grado di arrivare. Una non è sostitutiva dell’altra, bensì sono due discipline complementari, sinergiche ed entrambe indispensabili.

Entrambe dovrebbero essere sempre eseguite da un medico laureato che, dopo gli anni di medicina, studia altri cinque anni e prende una specializzazione. Esiste quindi il chirurgo plastico ricostruttivo ed estetico e io ci tengo tantissimo a sottolineare questo aspetto.

D. Crede ci sia una sorta di standardizzazione dei volti in questo periodo? 

Io cerco di ottenere risultati il più naturali possibili. Un volto non deve perdere la sua naturalezza e la personalità dello sguardo, delle espressioni.

Mi è capitato di lasciarmi sfuggire delle pazienti che mi

chiedevano risultati innaturali a cui non mi sono mai prestato. Evidentemente quel tipo di paziente ha bisogno di un professionista che lavori in modo diverso da me. Credo sia fondamentale trovare una affinità con il paziente, una affinità che non è solo professionalità, ma è anche una questione di un gusto condiviso.

Io non amo risultati troppo marcati ed evidenti. Ambisco e ricerco un risultato assolutamente naturale, migliorativo, qualcosa che imiti ciò che già esiste in natura.

D. La chirurgia e l’illusione dei costi bassi. Cosa ne pensa? 

Il paziente giustamente ha sempre aspettative altissime. Spesso però c’è tanta disinformazione creata da “professionisti” che promettono risultati irrealizzabili a costi bassi.

I prodotti che si utilizzano devono essere di ottima qualità. Un’ottima medicina e chirurgia estetica non rovina, non stravolge. Deve essere tutto a misura e studiato sulla persona. Prodotti di qualità, strutture adeguate e prodotti riassorbibili. Non bisogna mai dimenticare che siamo prima di tutto medici e dobbiamo fare il bene del paziente.

D. Esiste una moda nel vostro ambito? 

Sì, esiste, anche se io preferisco non seguirla. Ad esempio, prima di utilizzare un macchinario o un prodotto nuovo sulle pazienti, è necessario informarsi e studiare, vedere la casistica scientifica, la letteratura medica mondiale, le riviste internazionali del settore sia in chirurgia sia in medicina estetica.

Non esistono prodotti che non costano. I prodotti devono essere di qualità assoluta. Non serve seguire una moda del momento. La vera bellezza non ha tempo. È oggettiva.

Ogni cosa va studiata e personalizzata, deve essere armonizzata e proporzionata.

D.Quindi solo apparentemente gli interventi sono tutti uguali? 

Sembrano tutti uguali, ma sono sempre diversi, perché ogni paziente è diverso e ogni intervento va armonizzato con il singolo individuo.

D. Cos’è l’aspetto più importante della sua professione? 

Penso che ci siano diversi aspetti fondamentali nella mia professione. Io ad esempio ci tengo a dire che lavoro anche a livello ospedaliero dove mi occupo di ricostruzione mammaria post demolizione oncologica. È importante avere anche una formazione ricostruttiva e ospedaliera. Serve per ricordare sempre il motivo che mi ha spinto a scegliere questa professione. È necessario avere tutti i criteri e tutti i parametri per poter affrontare al meglio ogni intervento. Bisogna tenersi in costante aggiornamento. Seguire corsi, specializzarsi. Non ci si può permettere di essere approssimativi e superficiali.

I canoni estetici variano in base alle mode e ai tempi, alle culture e ai luoghi. Quel che è rimasto, invece, da sempre invariato è il desiderio della Bellezza. Fin dai tempi più antichi, uomini e donne hanno cercato di migliorare il proprio aspetto esteriore ricorrendo a pratiche che oggi ci sorprendono e ci sembrano assurde e pericolose. Sembra incredibile scoprire che i primi documenti relativi a interventi estetici risalgono addirittura al 3.000 a.C. Esiste il papiro di Edwin Smith che narra il ricorso alla chirurgia per ricostruire i danni sul volto di un uomo. Nel IV secolo a.C. venne invasa l’India da Alessandro Magno. Fu proprio lui a importare nel Medi- terraneo tutte le conoscenze sulle tecniche di chirurgia estetica allora conosciute. Esiste addirittura un testo di chirurgia estetica illustrato con descrizioni dettagliate di un intervento al volto. Si parlava di asportazione e riduzione del seno, ricostruzione tramite incisioni sulla pelle, operazioni di plastica al palato.  La fine del 1800 porta con sé l’ossessione del seno grande e, già da allora, si cominciò a intervenire sui corpi femminili con iniezioni per aumentarne il volume. Oli di ogni genere, cera d’api, paraffina… si utilizzavano materiali svariati e si facevano numerosi interventi. E così fino ad arrivare alle moderne protesi, passando dal vetro all’oro, alla spugna, al silicone.  Fortunatamente oggi tutto è cambiato: le tecniche si sono affinate, gli ambienti chirurgici sono sterili e sicuri, i medici sono laureati e oltre alla laurea hanno altri cinque anni di specializzazione. O almeno, così dovrebbe essere, anche se purtroppo non sempre è!

È proprio per questo motivo che il chirurgo Fabio Toffanetti è così puntiglioso sui titoli di studio: perché avere questo titolo di studio, che lui possiede, è forse la prima garanzia di qualità.

In cima alle priorità del Dr. Toffanetti c’è sicuramente la protezione e la tutela del paziente.