Raccogliere la testimonianza di Annapaola Xodo significa ripercorrere attraverso le sue parole tutto il suo dolore. Si tratta di un’esperienza che ci fa conoscere il mondo della chirurgia estetica, ma in particolare dei rischi ad essa connessi e che in pochi conoscono.

Partiamo dal principio. Annapaola è una bella ragazza di Padova, classe ‘88, che lavora, durante gli anni universitari, come modella per diverse agenzie, tra cui anche la Fashion Model. All’età di 16 anni si fidanza con un calciatore dell’Inter. La storia va a gonfie vele per sei anni fino a quando, a un passo dalla laurea in Interior Design, lui decide di lasciarla tra mille tira e molla. Per Annapaola, già stressata dagli studi, è davvero un colpo duro da incassare anche perché, avendo alle spalle genitori divorziati, il suo compagno era diventato negli anni il suo punto di riferimento, una figura maschile fondamentale. Poco tempo dopo la fine della loro storia, Annapaola scopre che frequenta una ragazza che ha come caratteristica predominante un seno abbondante. Questo dettaglio fa andare in crisi Annapaola che, mossa da questa sua insicurezza, prende la decisione di rifarsi il seno seppur contro il volere dei suoi cari, attribuendo il motivo della sconfitta sentimentale a questa sua “carenza”. È l’inizio di un lungo calvario. Siamo nel 2010 quando Annapaola si mette sotto i ferri e si fa impiantare le protesi al seno, ignara di tutto ciò che succederà. Dopo circa 20 giorni dall’intervento, inizia ad avere strani gonfiori agli arti inferiori (simili alle trombosi) con rossori diffusi e gambe bollenti. Da subito attribuisce la causa di questi sintomi anomali all’intervento da poco subito perciò contatta la chirurga e le comunica il suo disagio. Il consiglio che le viene dato è quello di fare massaggi linfodrenanti. Tuttavia i gonfiori non passano arrivando addirittura fino al volto e alla bocca. Ne derivano anche intolleranze alimentari che Annapaola non aveva mai riscontrato: era infatti era ragazza in salute che mangiava di tutto e praticava sport.

Successivamente è vittima del primo shock anafilattico: immediata area rossa del pronto soccorso. A circa un anno dall’intervento questi episodi si ripetono con insistenza, accompagnati da persistenti rossori e sfoghi cutanei. In ospedale le riscontrano un angioedema atipico alla lingua che, oltre a manifestarsi su volto e bocca, raggiunge l’ugola.  Seguono una serie di esami a livello immunologico e allergologico che portano a risultati negativi. Ne emerge soltanto una rara allergia alla patata. Da questo momento inizia per Annapaola un periodo di febbricole, con lievi ma costanti innalzamenti della temperatura corporea che oscilla sempre tra 37.2/37.4. L’allergologo la mette in cura sotto cortisone e antistaminici quotidiani e gli ingressi in ospedale diventano sempre più frequenti. Verso la fine del primo anno di questo calvario Annapaola dimagrisce vistosamente, sopraffatta da una stanchezza cronica, da difficoltà respiratorie e da vene vistose ovunque. Durante l’estate del secondo anno successivo all’intervento, la ragazza accompagna la madre a una visita cardiologica. Sarà per lei una rivelazione. Il medico, che ai tempi era Vice Primario di Cardiologia a Padova, nota le vene sulle sue gambe e le consiglia un’ecografia. Le viene diagnosticata una pericardite acuta con versamento pericardico. L’immunologo (primario di Immunologia di Padova) constata che questo stato non è di tipo virale e non è dettato da uno stato immuno-depressivo, ma da uno stato infiammatorio. Nel frattempo la madre, comprensibilmente preoccupata per lo stato di salute di sua figlia, si dedica a ricerche relative alle problematiche inerenti alle protesi e, spulciando tra blog e siti americani (lei è di madrelingua inglese), risale alla radice del problema e riesce a dare un nome a questo malessere: Breast Implant Illness. Da questo momento la ragazza vive una nuova consapevolezza. I Social e una ampia letteratura scientifica estera in merito al problema svolgono un ruolo fondamentale. In Italia ancora manca un’impronta educativa a questo problema e se ne parla ancora poco. In America invece, complice una maggiore diffusione della chirurgia plastica, si trovano molte testimonianze simili a quella vissuta da Annapaola. In seguito ad alcune visite tenutesi presso specialisti e a una analisi accurata della sua ormai fornita cartella clinica, si ritiene consigliabile l’asportazione delle protesi. Dopo una iniziale opposizione da parte della chirurga che le aveva impiantato le protesi, essa si decide ad aiutarla, ma non effettua l’operazione en-block. Le viene rimossa soltanto la protesi, mentre la capsula fibrosa rimane all’interno del petto di Annapaola, perché valutata come elemento sottile e non rilevante. La prima settimana sembra passare senza alcun problema di salute, ma subito dopo iniziano una serie di shock anafilattici, gonfiori, problemi col cibo e relativi aumenti di peso. A 15 giorni dall’operazione la pericardite era in via di guarigione, a dimostrazione che la causa di tutto erano realmente le protesi, come di fatto Annapaola e la madre avevano sostenuto fin dall’inizio di questo calvario. Tuttavia le allergie, le intolleranze e i gonfiori restano, peggiorando addirittura, tanto che tutto le procurava una reazione allergica, compresi gli odori. Per otto anni salta il ciclo e le sue giornate sono caratterizzate da gonfiori, vomito, nausea, vertigini acute, inspiegabili allergie, stanchezza cronica, sudorazioni notturne, tachicardia, dolori allo sterno e al seno sinistro, dolori alla schiena, cervicali, perdita di capelli, problemi di concentrazione, vista offuscata, infiammazioni croniche, stanchezza muscolare, dolore alle giunture e fibromialgia. Ad altre donne nelle sue stesse condizioni compaiono, unitamente a tutti questi sintomi, anche acne, candida ed herpes sul corpo.

Dal 2011 fino a oggi Annapaola ha dovuto effettuare 70 ingressi nell’area rossa del pronto soccorso e ben due ricoveri in ospedale. Questi dati parlano chiaro. Purtroppo occorre sottolineare che in tutto questo percorso, Annapaola ha riscontrato un atteggiamento diffidente e derisorio da parte dei molti specialisti con cui si è confrontata, che restavano increduli di fronte alla sua tesi che fossero proprio le capsule ancora presenti nel suo corpo a essere la causa dei suoi guai. Questa giovane ragazza ha chiesto aiuto da sempre, ma nessuno l’ha ascoltata. Anzi, qualcuno le ha addirittura consigliato di rivolgersi a uno psichiatra. Secondo alcuni medici, infatti, la ragazza si autosuggestionava producendosi shock anafilattici. Quando viene a conoscenza di un blog americano denominato “Breast Implant Illness and Healing by Nicole”, seguito da 52.000 donne con il suo stesso problema, Annapaola trova per la prima volta un sostegno morale esterno che non sia quello della sempre presente mamma. Nicole è un medico che si è rifatta il seno e in seguito si è ammalata. Nel blog compie un percorso di autoanalisi, utile alle donne che si trovano nelle sue stesse condizioni. Dedica appositi spazi del blog per raccogliere le loro testimonianze, la loro rabbia e le loro sofferenza. Questo medico e le sue seguaci portano avanti una denuncia contro la Federazione Americana della Sanità ormai da anni. Alcune protesi, essendo composte da silicone e da metalli pesanti, rilasciano nel corpo alcune tossine che, una volta entrate in circolo, diventano causa di un lento avvelenamento. In alcuni casi il rigetto può addirittura condurre al cancro: Large Breast Implant che è associato all’Anaplastic Large Cell Lynphoma. Su Instagram, Annapaola si imbatte nella pagina di Crystal Hefner, terza moglie del fondatore di Playboy, che come lei aveva sofferto di un avvelenamento da protesi e di una malattia autoimmune. Decide di contattarla e tra loro nasce un’intensa conversazione sulle problematiche che le protesi comportano. È proprio lei a consigliarle la Dottoressa Lu-Jean Feng, la migliore specialista in questo ambito, che studia il problema da 25 anni, operando con una costante di circa 3 donne al giorno. Con urgenza Annapaola viene operata a Cleveland, in Ohio presso la clinica specializzata di questo noto chirurgo. Dopo 4 ore di intervento vengono finalmente rimosse le capsule attraverso il raschiamento del costato e l’eliminazione di tutte le particelle tossiche. Per eseguire questa operazione, Annapaola ha dovuto subire l’anestesia e il cortisone in vena. Le sono stati riparati anche due muscoli precedentemente strappati. Le due settimane post operatorie sono state dolorosissime. In quel periodo non ha potuto assumere antidolorifici a causa delle sue intolleranze. Le sono stati trovati mastociti, cellule non maligne che avrebbero potuto però portare al cancro. Per fortuna l’intervento è stato fatto in tempo.

A quattro mesi dall’operazione, Annapaola sta bene e ha una nuova luce negli occhi. Le è tornata l’energia, le è tornato l’appetito. Deve seguire una dieta a base di verdure e carni bianche, ma lentamente si avvia verso la guarigione passando per piccole conquiste quotidiane. Non è facile riabituarsi a una vita normale, ma con l’aiuto della mamma, sempre al suo fianco durante questo brutto percorso, e di suo marito, con il quale è convolata a nozze nel 2017, Annapaola può dire di avercela fatta.

Finalmente è tornato il ciclo e ha ripreso a praticare sport, può anche concedersi lunghe passeggiate domenicali. Purtroppo il tempo prezioso che questa malattia le ha tolto non tornerà, ma la sua storia vuole essere un aiuto concreto per tutte le altre donne che stanno soffrendo di questa patologia subdola e latente e che non vengono ascoltate. Annapaola vuole dare voce a un problema che ancora oggi in Italia è poco conosciuto.

Ad Annapaola Xodo è stato rubato un futuro lavorativo brillante: oltre a essere una modella per prestigiosi brand per i quali ha smesso di lavorare a causa del peso ballerino, era anche buyer per importanti negozi di moda e progettista d’interni. La malattia non le consentiva di essere presente costantemente sul luogo di lavoro. La sua instabilità psichica non le consentiva nemmeno di coltivare le amicizie e diventava difficile anche ritagliarsi piccoli momenti di condivisione e giovialità. L’unica persona con cui poteva sfogarsi è sempre stata sua madre, che le ha trasmesso tanta forza e tanta speranza, e che non smetterà mai di ringraziare.

Attraverso i social Annapaola Xodo vuole lanciare un messaggio a tutte le ragazze, soprattutto le più giovani, che si sentono inadeguate rispetto ai modelli estetici che i media impongono: “accettatevi come siete, ammiratevi e spogliatevi delle insicurezze, non date ascolto ai giudizi inopportuni e nutrite corpo e anima”.

La sua missione è aiutare il prossimo facendo conoscere tutti i possibili rischi che questo tipo di intervento comporta. Sono molte le donne che la contattano e che condividono con lei la loro storia e le loro paure.

Il suo motto è “mai smettere di credere e di sognare” ed è quello che le auguriamo di cuore perché, dopo tanta sofferenza, è giusto che abbia un futuro meraviglioso.